Il Comitato Iscritti CGIL ENI E&P di San Donato Milanese deve purtroppo prendere atto che da parte dell’azienda non vi è alcuna volontà di aprire alcun dialogo serio sui numerosi problemi che interessano i contratti esteri e l’internazionalizzazione dell’azienda.
Dobbiamo purtroppo rilevare come in materia di impiego estero, l’azienda proceda unilateralmente, tuteli solo i propri interessi e veda nei rappresentanti dei lavoratori solo un fastidio. In questo modo però espone i lavoratori a gravi rischi personali specie in materia fiscale e contributiva. Eni E&P non ha voluto aprire alcun vero confronto su problemi collettivi quali stato degli uffici e/o dei cantieri, sicurezza e procedure di evacuazione e gestione delle emergenze, calcolo del TFR, utilizzo spesso spregiudicato di consulenze e lavoratori internazionali, orari e turnazioni, mancata segnalazione ad INAIL degli infortuni avvenuti all’estero, modalità e garanzie di sospensione contrattuale a fronte di malattia, nonché in materia di trattamento dati sanitari ai sensi della privacy. Per non parlare ovviamente della totale opacità nelle modalità di determinazione della retribuzione estera per chi parte e nel riconoscimento del giusto inquadramento per chi opera all’estero da anni in posizioni con responsabilità sempre crescenti.
Nessun confronto organico nemmeno in campi assolutamente semplici da affrontare, quali la diffusione delle policy aziendali a tutti gli espatriati, la discussione in merito alla documentazione che è sottoposta a firma per accettazione dagli uffici del personale locale o la prevista apertura di una commissione contrattuale nazionale sulla materia.
Anche le lettere scritte negli ultimi 2 anni sia come CGIL che unitariamente come RSU non hanno sortito alcun effetto.
A questo punto riteniamo opportuno sollevare la questione al massimo livello aziendale, elencandovi nel dettaglio gli argomenti sui quali attendiamo risposta; in caso di ulteriore assenza di riscontri ci sentiremo liberi di rivolgerci alle sedi competenti per i necessari controlli in merito all’applicazione corretta delle leggi.
Determinazione delle retribuzioni estere e degli inquadramenti: su questo argomento non c’è alcun dialogo e regna una totale opacità. Sappiamo che lo stipendio estero è determinato moltiplicando lo stipendio annuo lordo italiano (RAL) per dei coefficienti legati a paese ed attività che si dovrà ricoprire. Nessuno tuttavia ha mai discusso collettivamente di questi coefficienti, né l’ufficio personale estero ha mai pensato di rendere pubbliche le tabelle. Su tutto regna la più assoluta discrezionalità; il risultato è che, a parità di posizione, i nostri espatriati percepiscono stipendi tra la metà ed un terzo del mercato. Questa vergogna deve finire anche perché comporta la perdita continua di tecnici esperti e validi. Non solo ma a fronte di posizioni ricoperte sempre più elevate e di responsabilità, non si adeguano gli inquadramenti italiani. Ne consegue che lavoratori che hanno svolto all’estero attività di “superintendent”, capo campo, capo dipartimento … gestendo anche centinaia di lavoratori, al loro ritorno in Italia non si vedono neppure riconosciuto il passaggio a quadro ed in qualche caso debbano addirittura sudare per ottenere la categoria 2.
“International Mobility Policy” : questa documentazione che norma tutte le fasi del contratto estero e può essere utilizzata per chiarire eventuali contenziosi, non viene consegnata agli espatriati. CGIL ha già vivacemente protestato in più occasioni contro questa pratica poco trasparente. Non avendo raggiunto alcun risultato, abbiamo pertanto ritenuto opportuno provvedere in proprio alla massima diffusione della documentazione che, se nota, può essere pretesa in tutto il suo articolato. Questa maniera di procedere rende bene l’idea di quanti trabocchetti può riservare il contratto estero e del pessimo atteggiamento che purtroppo Eni utilizza nei confronti di questi lavoratori che contribuiscono concretamente con il loro sacrificio a fare guadagnare quei miliardi d’euro di utile che ogni anno si sbandierano … Chiediamo pertanto di poter discutere delle clausole previste specie in merito ad orari di lavoro, malattie, viaggi, turnazioni e spettanze in caso di invio o rientro da contratto.
Turnazioni: alcune sedi particolarmente disagiate comportano l’applicazione di turnazioni (28 giorni di lavoro alternati a 28 di riposo o 28/35 o 6 settimane alternate a 3 settimane di riposo). Questi trattamenti, che a prima vista sembrerebbero assai vantaggiosi, non sono tuttavia comprensivi di ferie e festività, comportano l’imposizione surrettizia di 12 ore di lavoro e spesso anche l’obbligo di effettuare alcuni riposi in cantiere senza poterli cumulare in un’unica soluzione. Fatti i conti pertanto, le turnazioni Italia sono più vantaggiose di quelle estere. Riteniamo opportuno verificare durata dei turni giornalieri, introducendo nuovamente ferie e festività.
Problemi fiscali: il meccanismo ideato nel 2002 di anticipo IRPEF da parte aziendale in cambio della cessione del credito da doppia imposizione fiscale ha mostrato con il tempo delle pecche. Riteniamo prassi gravissima ed ormai insostenibile la mancata consegna delle ricevute del Fisco Estero tradotte e riportanti l’avvenuta “definitività” delle imposte pagate per conto del lavoratore espatriato.
Attraverso una documentazione poco trasparente si richiede al lavoratore espatriato di firmare a suo nome un testo in cui egli ordina all’azienda il recupero tramite conguaglio del credito d’imposta da doppia imposizione fiscale (documento denominato “richiesta conguaglio fiscale”). Il testo precisa che la richiesta è effettuata in base ad allegata documentazione di cui è in possesso il lavoratore medesimo, ma al lavoratore non è fornita alcuna documentazione. Firmando questo documento il lavoratore si assume in prima persona davanti al fisco italiano l’onere del recupero da doppia imposizione, adducendo di possedere la documentazione del fisco estero relativa alla definitività delle imposte e scaricando l’azienda da ogni responsabilità, esponendosi a multe in caso di controlli. Chiediamo pertanto all’azienda, trasparenza e correttezza, effettuando la consegna di questa documentazione all’atto della firma, in modo che i lavoratori siano coperti al 100% da eventuale contestazioni dell’Agenzia delle Entrate.
Inoltre, a fronte della richiesta di anticipo IRPEF, viene restituita una seconda lettera a firma del locale General Manager è richiesta firma per accettazione, dove si chiede di siglare una cessione di credito preventivo a favore di ENI Spa in caso di eventuali generici contenziosi con la consociata estera, nonché l’assenso esplicito per consentire, in caso di dimissioni del lavoratore, all’ ENI di recuperare eventuali crediti di imposta rivalendosi sul TFR accantonato e sulle competenze di fine rapporto. Riteniamo si tratti di clausole vessatorie da eliminare.
In merito alle note presenti sul CUD inoltre, chiediamo di conoscere per quale motivo non vengano espressi i reali redditi prodotti all’estero ma ci si limiti a segnalare nelle note la retribuzione convenzionale di riferimento evitando di indicare i veri stipendi pagati ai lavoratori. Questo comportamento poco trasparente potrebbe essere causa di problemi e controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Infine, nel verbale di incontro del 2003 sulla materia fiscale, l’azienda aveva dichiarato che avrebbe evitato la doppia imposizione fiscale; ciò è stato rispettato fino al 2005. In seguito, l’azienda ha deciso unilateralmente di trattenere dalle competenze estere del lavoratore l’Irpef Regionale e Comunale. Questa decisione comporta una doppia tassazione a carico del lavoratore. La questione si è oltremodo aggravata con la decisione di trattenere con retroattività queste competenze in sedi dove la questione non era applicata, che solleva gravi dubbi d’illegittimità ed anche di discriminazione, dal momento che è stata applicata solo a chi è ancora distaccato nel paese ma non a chi è tornato o ha cambiato sede.
Problemi contributivi: dal momento che la contribuzione è direttamente connessa con la retribuzione Italia, si registrano problemi connessi con il ritardo nell’adeguamento dello stipendio convenzionale caso di passaggio di CREA, Categoria, Assegni o peggio in caso di passaggio da Operaio ad Impiegato e da Impiegato a Quadro. Ciò comporta penalizzazioni sulla pensione al lavoratore anche pesanti nonché una evidente elusione contributiva e fiscale. La questione si aggrava nel caso dei lavoratori assunti estero che in genere sono inquadrati in livello 6 CREA 0 anche se effettuano attività di alto livello con livelli bassissimi di contribuzioni e tassazioni.
Aggiungiamo che la presenza di tetti di contribuzione massima applicati dalla legge alle retribuzioni di riferimento, comporta per molti lavoratori turnisti una penalizzazione anche consistente in fatto di imponibile contributivo con danni anche superiori a 30000€. Anche su quest’ultima questione stiamo attendendo risposte per eventuali contromisure o correttivi che ENI non ha finora fornito.
Conti esteri: in molti paesi le consociate obbligano i lavoratori all’apertura di conti esteri. Questa pratica, sicuramente comoda per l’azienda consociata e talora necessaria, espone tuttavia a rischi fiscali che non sono adeguatamente spiegati. Le regole riguardanti i patrimoni detenuti all’estero da cittadini fiscalmente residenti in Italia prevedono l’obbligo di compilazione e consegna del quadro RW del Modello Unico (ovvero il cosiddetto “Monitoraggio Fiscale) per giacenze superiori ai 10000 € al 31 dicembre, denunciando anche i singoli trasferimenti da e per l’Italia. Inoltre, in caso di maturazione di interessi è obbligatoria anche la compilazione del quadro RM con conseguente pagamento del differenziale di imposta. Salvo un paio d’eccezioni (Norvegia e UK), le consociate non forniscono alcuna assistenza né spiegazione in merito limitandosi ad obbligare il lavoratore all’apertura di un conto locale. Si richiede di fornire adeguata assistenza in tutti quei paesi in cui si obbliga all’apertura di un conto d’appoggio.
Calcolo TFR: la sentenza n°3374 dell’ 11 febbraio 2009 ha affermato in modo chiaro che l’intera indennità estera correlata alla professionalità indispensabile per prestare la propria attività in un paese straniero è computabile sia nell’istituto dell’anzianità che nel trattamento di fine rapporto. A fronte di ciò la RSU ha chiesto all’azienda di provvedere al ricalcolo degli accantonamenti ottemperando con prescrizione legale alla sentenza. Per tutta risposta l’azienda ha deciso di far firmare agli espatriati delle liberatorie in materia evitando qualsiasi confronto o soluzione del problema.
Assistenza Sanitaria e Assicurativa: tutti i contratti esteri prevedono un massimale di 45 gg. di assenza per malattia, oltre i quali ENI può sospendere il contratto estero; CGIL ha aperto un contenzioso con l’azienda per le modalità di certificazione di eventuali inidoneità che non rispondono alle regole delle leggi italiane vigenti nemmeno nei casi di infortunio sul lavoro, nonostante i lavoratori abbiano aperte delle posizioni estere INAIL. Benchè infatti le visite siano svolte in San Donato e dai medesimi medici competenti utilizzati per i lavoratori italiani, non si rispetta alcuna regola relativa al Dlgs81/2008, nemmeno la basilare comunicativa scritta relativa ad inidoneità o limitazioni. In questo modo regna il più totale arbitrio nelle inidoneità e nelle sospensive di contratto senza che il lavoratore possa opporsi secondo le leggi italiane attivando ricorsi presso l’ASL competente. Stante la situazione, invitiamo chi si ammala durante il contratto con prognosi superiori ai 45 gg. o chi è riconosciuto inidoneo durante visite periodiche, a rivolgersi ai delegati per verificare la regolarità della questione.
Infine, abbiamo talora rilevato che i massimali di rimborso presentano problematiche di copertura sanitaria ed assicurativa insufficiente (USA). In tutti i casi poi, non è chiaro come e presso chi attivare le polizze di infortunio professionali/extraprofessionali contrattualmente previste, né presso quali compagnie queste polizze sono stipulate, né ovviamente quali siano clausole, tempistiche e tetti di rimborso.
Abbiamo poi riscontrato la totale mancanza di copertura assicurativa per rischi e danni connessi a profilassi vaccinatoria obbligatoria, peraltro obbligatoria per l’invio in paesi a rischio.
Infine, un’ulteriore causa di contenzioso riguarda la decisione aziendale di diffondere per tutti i presidi sanitari esteri, le cartelle cliniche e gli esami degli espatriati sotto la responsabilità dei medici SMES, chiedendo ai lavoratori una firma di assenso che incarichi i medesimi quali “medici curanti”. Riteniamo che tali pratiche, benché impostate a fin di bene, violino almeno la legge della Privacy nonché le normative sulla sicurezza per la parte relativa ai medici competenti.
Sicurezza personale e procedure di gestione delle emergenze: le recenti vicende che hanno riguardato i lavoratori espatriati in Libia hanno fatto suonare un campanello di allarme; qualcosa non ha funzionato a dovere, non siamo stati all’altezza della situazione. L’atteggiamento della Farnesina è stato semplicemente sconcertante; ai famigliari dei lavoratori in Libia è stato risposto dall’unità di crisi che era compito delle aziende riportare a casa i propri lavoratori… Quanto ad ENI purtroppo, nonostante la situazione del Nord Africa fosse da tempo chiaramente in movimento, la gravità degli eventi ha colto di sorpresa l’organizzazione. Molti lavoratori erano in siti remoti senza comunicazioni, senza internet e senza passaporto. Da quanto ci è stato riferito, non è stata effettuata alcuna informativa preventiva su eventuali modalità di evacuazione dal paese, né pareva esserci un piano preciso. Sono stati commessi errori, dimenticanze e sottovalutazioni che potevano costare caro. Riteniamo che sia indispensabile rivedere la situazione dei paesi più a rischio, creando uno staff di sicurezza dedicato espressamente a questo tipo di situazioni, che organizzi i piani di evacuazione, effettui esercitazioni periodiche ed informative, definisca con precisione i compiti di ciascuno ed i punti di ritrovo in caso di pericolo. Inoltre non è più possibile che, nell’era dell’informatica, vi siano ancora dei lavoratori espatriati senza postazione internet e non in grado di comunicare né con i colleghi né con le loro famiglie.
Infine la logistica; troppo spesso abbiamo pensato che fosse una branca negletta, un retaggio del passato. Invece è necessaria una profonda riflessione sulla situazione, specie alla luce di quanto accaduto in Pakistan, dove 21 colleghi sono morti senza che vi siano ancora spiegazioni ufficiali ed anche di quello che abbiamo visto in Libia, dove mancavano i mezzi per riportare a casa i lavoratori dai campi. Dobbiamo ricreare dei presidi in loco, effettuare audit continui sui trasporti interni in appalto a “contractors” locali, evitando compagnie e mezzi insicuri e preferendo mezzi propri dove possibile. O la famosa flotta aerea ENI deve servire solo per portare a Londra il top management?
Utilizzo lavoratori EIRL Ltd: l’utilizzo di lavoratori EIRL Ltd si è diffuso negli ultimi anni in modo da noi considerato non accettabile. La loro presenza in San Donato Milanese sfiora il 10% della forza lavoro complessiva; costoro percepiscono stipendio triplo, hanno auto e casa pagata in Milano dalla società, spesso hanno salari superiori ai loro “tutors” nonché responsabili, in qualche caso occupano posti in gerarchia che fino a qualche hanno fa erano appannaggio dei lavoratori locali. Non comprendiamo con che tipologia contrattuale applicano, dal momento che il rapporto di lavoro presenta tutte le caratteristiche di una somministrazione lavoro ma EIRL Ltd non è una compagnia autorizzata a fornire lavoro interinale, almeno in Italia. Non è presente una struttura societaria organizzata ed autonoma, i lavoratori fanno parte della normale struttura gerarchica aziendale, utilizzano solo mezzi aziendali di ENI E&P per le loro attività ed effettuano la medesima attività dei normali assunti a contratto Italia, applicando gli stessi orari, pausa pranzo in mensa compresa. Originariamente la loro presenza era spiegata perché portava conoscenze ed esperienze da noi assenti; in realtà poi abbiamo visto che molti di loro sono alle prime esperienze di lavoro. Ci è stato allora detto che venivano preparati da noi per poi essere inviati all’estero in posti dove gli italiani non vogliono andare; in realtà molti di loro hanno rifiutato esteri scomodi. A questo punto la loro presenza è assolutamente inspiegabile specie in un periodo di taglio dei costi del personale. Siamo giunti al paradosso che una decina di lavoratori EIRL Ltd, impiegati in AMMI, ha seguito il ramo d’azienda in SOFID pur non essendo negli elenchi del personale interessato a cessione.
Per quanto riguarda l’estero, siamo a conoscenza di un loro massiccio impiego con casi clamorosi come a M’Boundi in Congo, dove i supervisori francesi dell’ex Maurel&Prom arrivano a percepire stipendi doppi rispetto al capo campo, si muovono in classe business mentre a parità i nostri devono utilizzare la classe economica e fanno sostanzialmente azienda a sé. Non comprendiamo per quale motivo anche le società consociate preferiscano pagare salari doppi o tripli a parità di prestazione. Questo ovviamente provoca gravi disagi tra i nostri lavoratori perché l’estero è visto come un’occasione di guadagno ed esperienza di crescita ma i posti disponibili per italiani in contratto Energia e Petrolio si riducono costantemente.
Lavoratori a tempo determinato assunti per l’invio all’estero: in numerose consociate lavorano italiani assunti direttamente per l’invio all’estero, cui ENI E&P paga i contributi, anticipa IRPEF Nazionale in cambio del credito di imposta e controlla da San Donato sedi di invio, modalità di impiego e carriere attraverso i presidi delle famiglie professionali e del personale estero presso le consociate. Da pareri in merito espressi da diverse Direzioni Regionali del Lavoro, questi lavoratori sono in tutto e per tutto dipendenti Italia in regime di contratto a termine. A fronte di ciò chiediamo parità di trattamenti in materia di maturazione TFR, diritto a ricollocazione in Italia in caso di rientro nonché conferma a tempo indeterminato nei casi di superamento dei 36 mesi di utilizzo con uno o più contratti.
Recupero crediti presunti in nome e per conto di consociate estere: ultimamente a numerosi lavoratori sono state richieste restituzioni con retroattività anche superiori ai 5 anni di quote di retribuzione vantate da consociate estere. Segnaliamo in materia le seguenti criticità:
- l’assistenza sindacale richiesta dal lavoratore non è stata ammessa;
- si è chiesta la restituzione di somme anche a chi aveva già rescisso ogni rapporto con la consociata, benché si firmino al termine del contratto delle lettere di reciproca chiusura dei rapporti con liberatoria. Eventuali contestazioni vanno sollevate entro tale date e non oltre.
- Si è richiesta la restituzione di voci per le quali non concordiamo, quali IRPEF regionale e comunale che originariamente era a carico ENI e che dal 2007 si è deciso unilateralmente di accollare all’espatriato, nonostante un verbale del 2003 tra RSU ed Azienda preveda l’impegno ad evitare la doppia tassazione.
- Si è richiesto di pagare una differenza sui contributi senza fornire dati relativi alle retribuzioni di riferimento applicate all’epoca.
- Si è richiesto di saldare quote di appartenenza ad istituti contrattuali quali FIS non più esistenti e ai quali spesso il lavoratore non accedeva, non avendo espressa trattenuta in busta e quindi considerando sospesa l’iscrizione.
Per queste situazioni riteniamo sia opportuna una sanatoria complessiva ed un accordo tra le parti che definisca quali voci sono a carico del lavoratore e quali a carico aziendale.